L’orizzonte alpino


In successione, salendo verso le nevi perenni, incontriamo praterie subalpine a Festuca varia, cespuglieti a ginepro(Juniperus oxycedrus)e uva ursina(Arctostaphylos uva-ursi), la pecceta sub-alpina a larice, cembro e abete rosso (boschi dopo nevicata a Corna Mara) con rododendro e uva ursina, boschi sempre più fitti di aghifoglie e, sui suoli più ricchi di carbonati come in val Fraele, boscaglie di rododendro irsuto. La Regione Lombardia ha deciso di finanziare, di recente, su tutto il territorio montano, la mappatura dei rododendri, al fine di razionalizzare l'utilizzo delle piante da parte dei produttori di miele che si dedicano al nomadismo evitando così l'affollamento di arnie in alcune aree; in Valtellina questa attività verrà svolta tramite la Fondazione Fojanini che si avvarrà della collaborazione delle guardie venatorie.
Dal 2004, all'Alpe Andossi in alta Valle Spluga e nel territorio di Medesimo, è aperta alle visite una nuova oasi botanica, promossa dall'associazione "I Poort" di Chiavenna su progetto dalla cooperativa Vegar, che si estende su una vasta area e che contiene innumerevoli specie di piante e flora alpina. L' obiettivo di questa iniziativa, che ha meritato la “bandiera verde” di lega Ambiente nel 2009, è quello di valorizzare l'area dal punto di vista ambientale ma anche di dare nuovi stimoli e il giusto valore al lavoro di chi opera in alpe, spesso in condizioni assai disagiate. L'area botanica sorge lungo la Valcava:, che solca, con una suggestiva incisione il versante orientale degli Andossi, separando due ambienti geologici e morfologici diversi. giardino raggiunge nella parte più alta i 1900 metri di quota e al suo interno comprende superfici a bosco, a pascolo e aree incolte. Qui sono state raccolte nel loro habitat naturale, segnalate, descritte, nelle caratteristiche principali, le specie vegetali autoctone. Nel corso degli anni l'associazione "I Port" ha provveduto a realizzare comodi percorsi che accompagnano i visitatori attraverso luoghi affascinanti, con una visione a 360° su tutte le montagne dell'alta valle Spluga.
Dalla fine di maggio del 2008 è aperto poi in Val di Tartano il primo giardino botanico alpino del Parco delle Orobie, nell’intento di preservare e mostrare al pubblico alcune delle più belle e rare specie presenti nell’area protetta. Questa interessante iniziativa si affianca a quella, già operativa dalla fine del 2007, del centro visitatori in località Piana “Il legno, materiale di vita in Val Tartano”, realizzata grazie anche alla Fondazione Cariplo.
Nell’orizzonte a cespuglieto di rododendro (Rhododendron ferrugineum) è stata segnalata la presenza anche consistente (val Grosina-vedi Atlante degli uccelli nidificanti in Lombardia) del fanello (Carduelis cannabina), molto più diffuso in genere nelle regioni più calde del paese.
Seguono i pascoli alpini, colonizzati dall'uomo che vi pratica la transumanza delle bovine e che sono costituiti per lo più da praterie a Carex curvula e Nardus strictus (giochi di luce all’Alpe Morscenzo).
Proprio nell’orizzonte a Carex caratterizzato da presenza di azalea alpina e licheni come la cetraria viene fatta nel 1994 un’importante segnalazione da G.C.Scherini, che avvista e studia, a 2650 m. nel Livignese una covata di piviere tortolino (Charadrius morinellus), uccello appartenente alla famiglia dei Caradridi, assai poco comune nelle nostre zone (per approfondimenti vedi Abstract: G.Scherini da Annuario CAI 1994 pp.186-190) .
Una nutrita serie di laghi alpini (lago di Colina - lago di Arcoglio - lago Lagazzuolo - lago di Torena - laghi di Campagneda) e di bacini artificiali (lago di Scais - lago di Cancano - lago di Trona) , macchie azzurre, verdi o blu, che rispecchiano il variare delle tinte del cielo sovrastante è poi sparsa tra i monti alla soglia del limite delle nevi, dando un'impronta particolare anche all’ambiente e al clima circostante; la ricchezza di trote tra cui la pregiata fario (Trutta fario) e il salmerino (Salvelinus alpinus-da alcuni ritenuto una trota, da altri una specie a parte), indenni da qualsiasi inquinamento, ne fanno una meta ambita di pescatori di ogni dove.
Particolare segnalazione va fatta per la sanguinerola (Phoxinus phoxinus L.), piccolo ciprinide (già segnalato dal De Carlini nel 1887 ne "I Vertebrati di Valtellina"), dalla colorazione di fondo verdastra con macchie più scure e ventre bianco, che durante gli amori, nel maschio, diviene rosso sangue; abita le acque limpide di stagni, laghi, ruscelli e torrenti (anche sopra i 2000 m.) ed è facile preda delle trote con le quali condivide l’habitat.
Affine al curvuleto (Carex curvula) che è uno stadio finale al quale tendono tutte le associazioni vegetali alpine, che presenta un colore a fondo giallastro ravvivato dalle fioriture delle genziane (Gentiana kochiana - G. bavarica), dell’ anemone gialla (Pulsatilla apiifolia e sulphurea), dell’ anemone di primavera (Pulsatilla vernalis), dei ranuncoli (Ranunculus pyrenaeus) e (Ranunculus glacialis), dell' astro alpino (Aster alpinus), della nigritella (Nigritella nigra), della radicchiella (Crepis aurea), dell' erica (Erica carnea) e delle primule(1) - (2) (Primula hirsuta, minima e altre) troviamo nell’alta valle del Braulio, nel piano della III cantoniera dello Stelvio e nella zona di Monte Spluga in alta val Chiavenna, la prateria a Festuca halleri.
Alla segnalazione del Ferranti che indicava la presenza della rara Campanula cenisia, in val Cedèch, presso il rifugio Pizzini, si aggiunge ora quella di P.Arrigoni che ne evidenzia la presenza (finora non ancora segnalata) anche in alta valle dei Vitelli, a quota 2500 circa. (Vedi articolo in bibliografia: " Campanula cenisia in Val Cedèch" di Pierfranco Arrigoni-Quaderni Valtellinesi- 1° trimestre 2004).
Due particolarità da citare sono poi, tra le primule la Primula del Bernina (Primula salisti), un ibrido che si è formato dall'unione fra le affini Primula hirsuta e Primula vischiosa e tra le felci il cosiddetto Asplenio del Serpentino (Asplenium serpentinii), felce dalle foglie strette che si insedia tra i detriti di natura serpentinosa, molto comuni in val Malenco. Tra le piante cosiddette striscianti o prostrate, in alta quota è molto comune il salice nano (Salix alpina; Salix reticulata ecc.), che infesta soprattutto le morene o le discariche di detriti rocciosi. Caratteristica dei terreni calcarei come la zona dello Stelvio (panorama di Bormio dal passo Ables - panorama della val Venosta dal passo dello Stelvio) è la Dryas octopetala , mentre vari tipi di campanule (1) (2) e genziane, da non confondersi quando sono prive di fiori, con il velenoso veratro (Veratrum album) : (Gentiana punctata, lutea, asclepiadea, purpurea) dipingono di giallo, viola, azzurro e rosso il paesaggio alpino.
Senecio, Cerastium, Saxifraga oppositifolia, Androsace alpina, Phyteuma, Silene acaulis, carlina (Carlina acaulis) semprevivo e cardo e il velenoso Aconito (Aconitum napellus) sono altre specie presenti nell’ambiente alpino oltre il livello boschivo, mentre le viole caratterizzano un po’ tutte le quote (Viola calcarata - Viola tricolor), dei pascoli alpini spesso anche imbiancati dai crochi (panorama della val Viola in Primavera); la Caltha palustris colora di giallo i pascoli umidi mentre il Papaver rhaeticum le zone più pietrose a quota più elevata ; nei pascoli d’alta quota caratterizzati da terreno torboso e da grande umidità spesso si possono ammirare meravigliose distese di bianchi ciuffi di erioforo (Eriophorum scheuchzeri);infine la stella alpina(1)- (2) (Leontopodium alpinum) che è pur sempre il più famoso e caratteristico fiore delle Alpi.
Tra le erbe aromatiche alpine bisogna citare l’Achillea moscata e l’ Artemisia genipi(1 - 2 - 3) , famose per essere usate in molti liquori e amari ed utilizzate anche come infusi per tisane dati i loro effetti terapeutici. Parlando di ambiente alpino, non va dimenticata una citazione a proposito della situazione dei ghiacciai alpini in genere ed in particolare di quelli valtellinesi che presentano da parecchi anni un fenomeno preoccupante di regressione che fa temere il peggio; a questo proposito è stato presentato agli inizi del 2001 a Milano, un importante progetto di adozione del ghiacciaio dello Stelvio che si prefigge l'obiettivo di elaborare un vero e proprio sistema di gestione ambientale (attraverso la riduzione degli afflussi di turisti, il controllo della neve artificiale usata ecc.) del ghiacciaio, tendente a ridurre, nei limiti del possibile, il depauperamento quantitativo dello stesso. Anche in base ai rilevamenti fatti nell’inverno 2006/2007, gravi potranno essere nel prossimo futuro le conseguenze sulle risorse idriche e idroelettriche per il nostro paese.
Un' ipotesi interessante, lanciata nell’estate 2009 e anche ben accolta dalla Direzione del Parco Nazionale dello Stelvio è quella di coinvolgere lo stesso, nel cosiddetto “progetto Share” che si interessa in tutte le parti del mondo dei grandi mutamenti climatici e così anche di quelli che si stanno producendo nell’ambiente d’alta quota. L’intento è quello di creare in alta valle un grande laboratorio a cielo aperto per lo studio di tali fenomeni in alta quota che si occupi dell’analisi, della ricerca, dell’elaborazione dei dati e delle informazioni relative alla criosfera (ghiacciai), al permafrost, alle acque derivate, laghi glaciali e non solo, oltre al monitoraggio dell’atmosfera. Un allarme è stato lanciato nel corso del 2009 anche dal WWF che nel dossier “Effetto clima per le Alpi” presentato in occasione dell’inaugurazione della stazione di monitoraggio dei cambiamenti della flora delle Orobie, traccia uno scenario preoccupante in cui il surriscaldamento minaccia alcune specie botaniche e animali che migrano sempre più verso l’alto alla ricerca di climi più adatti. Allo scopo di monitorare e valutare la velocità di tali spostamenti è nato il “progetto Gloria” ideato dall’Università di Vienna, ormai diventato un modello europeo diffuso in tutto il mondo.
L’ambiente alpino, con gli aspetti estremi pre nivali (panorama della val Malenco dal Disgrazia - Corna Mara dal Rolla - alpe Prabello in val Malenco - alpe del monte Canale in val Malenco - val di Scerscen - val Malenco dalla strada per ex rifugio Scerscen - gruppo del Tremogge dal Lagazzuolo - Tramonto in Val Codera), ospita una fauna (e talora una copiosissima faunula) assai caratterizzante.
Ne sono epigoni celeberrimi su quasi tutto il territorio della provincia di Sondrio, il camoscio (1) (2) (Rupicapra rupicapra), presente talvolta anche a quote più ridotte soprattutto sul versante orobico, la marmotta (Marmota marmota) e fra gli uccelli, l’aquila reale (1)- (2)- (3) (Aquila chrysaetus) e il gipeto (Gypaetus barbatus) (Vedi articolo Quaderni Valtellinesi) e Abstract : A.Martinoli da Il Naturalista Valtellinese 1996 pp.177-178) , ambientatosi nel parco dello Stelvio e di cui negli anni scorsi è stata avvistata (segnalazione di R.Balestrini appassionato birdwatcher di S.Carlo) una coppia formata da esemplare adulto e giovane, anche nella valle dell'Acqua Fraggia sopra Savogno; si tratta probabilmente di esemplari provenienti dai vicini parchi engadinesi.
Sono già passati molti anni ormai da quando è decollato il progetto di reintroduzione "Gipeto nelle Alpi" di cui l'attuale "Life Gipeto" rappresenta l'ultima fase e vari anni sono passati anche da quel fatidico fine aprile del 98, quando a conferma del buon adattamento nell'ambiente valtellinese comparve sulla stampa la notizia che si era verificato all'interno del parco dello Stelvio un evento straordinario: alla fine di marzo era infatti avvenuta la nascita di un piccolo gipeto, chiamato poi "Stelvio"; si trattava del secondo caso di nascita in libertà dopo quello documentato nella primavera del '97 in Alta Savoia (Francia). A queste, sono poi seguite nel 1999, una nascita in Francia e nel 2000 e 2002 un'altra sempre in Francia e altre tre in Italia (tra cui "Livigno" e Moische Livigno nati appunto in questa località il primo nel 2000 e il secondo nel 2002); alla fine di luglio del 2003 spiccava il volo "Regina Livigno", figlio di Cic e Moische, la coppia finora più prolifica. A inizio giugno 2004, sempre nell'ambito del programma internazionale di reintroduzione e in collaborazione con la Fondazione Pro Gipeto di Zernez, erano avvenuti poi due nuovi rilasci in Val Martello, nel territorio del Parco dello Stelvio (esemplari dotati di trasmittente satellitare) e nello stesso anno si erano avuti tre lieti eventi : Gerry -Stelvio, Tommy-Livigno e Silva-Zebrù e altrettanti nel 2005: Rudy-Livigno, Alby-Stelvio e Lucy-Zebrù. Così anche nel 2006 e 2007 anno nel corso del quale alle tre coppie storiche di gipeti che nidificano dal 2004, si è aggiunta un’altra coppia che ha portato così a quattro le nidificazioni della primavera 2008. Oltre a queste si può così osservare nei cieli dell’alta valle un gran numero di giovani e immaturi che vagano alla ricerca di carcasse di ungulati, morti per la rigidità del clima, più abbondanti proprio quando ricompaiono per lo scioglimento delle nevi. Il timore che potesse essere interrotta la gestazione o che avvenissero morti premature dei piccoli, causa fattori climatici o disturbo umano, si è rilevata fortunatamente infondata e, nonostante gli inconvenienti, si è arrivati così nel 2009 allo straordinario risultato che, con gli ultimi nati, da un totale di 30 nidificazioni, di cui 28 nel sondriese e due in Engadina, sono nati ben 24 pulcini e solo in sei casi la nidificazione è fallita. Le nascite avvenute nel Parco dello Stelvio vengono a rappresentare circa il 40% delle nascite totali (50) nelle Alpi dal 1986 contro un rilascio totale finora di 150 esemplari, risultato questo ottenuto anche grazie al controllo attento del Coordinamento territoriale del Parco, che si serve degli agenti della Guardia Forestale come strumento operativo. Non si dimentichi che la buona riuscita del progetto è dovuta ai molti enti partecipanti: alla direzione scientifica della "Foundation for the Conservation of the Bearded Vulture", ai contributi sostanziosi dell'Unione Europea e del Parco Nazionale dello Stelvio oltre che al coordinamento di Asters, organizzazione della Savoia francese in collaborazione con la Lpo sempre francese, con la Provincia autonoma di Trento, con il nostro Parco, quello del Gran Paradiso, delle Alpi Marittime, del Mercantour, degli Ecrins,della Vanoise e degli Alti Tauri. Vedasi, per una documentazione più approfondita sul gipeto valtellinese e sulla sua riproduzione in natura, gli articoli che appaiono in bibliografia e i siti internet: http://www.parcoalpimarittime.it - http://www.parks.it/parco.alpi.marittime/gui.html - http://www.wwf.ch/it/ilwwf/inostritemi/biodiversita/specie/protezionedellespecie/gipeto.cfm - http://www.wild.unizh.ch/bg/index_i.htm - http://www.stelviopark.it/Italiano/FAUNA/Uccelli/Gipeto.html.
Per quanto riguarda l'aquila ricordiamo che la ricerca partita nel febbraio del 2004 , su iniziativa del Comitato di gestione del Parco dello Stelvio per la Lombardia, e terminata nel 2008, in seguito ai rilevamenti effettuati delle coppie territoriali di aquila reale, dei luoghi di nidificazione e del successo riproduttivo, ha potuto stabilire che lo stupendo rapace si sta riproducendo bene, con 11 coppie nidificanti nel solo settore lombardo del Parco. I progetti scientifici prevedevano campagne di monitoraggio e rilevamento ad ampio respiro, collegate con iniziative analoghe già in corso in altre aree del Parco come il settore trentino ed altoatesino o in realtà territoriali esterne al parco stesso. Tutti i nidi, eccetto uno per cui è stata scelta una pianta resinosa, sono posti sulle pareti rocciose a una quota compresa tra i 1426 e i 2496 metri. Nel periodo 2004-2008, dai nidi delle 11 coppie nidificanti nel settore lombardo sono involati ben 29 aquilotti, con una media di 5 all’anno. Nel febbraio 2006, nel corso dei rilevamenti di cui sopra, aveva avuto luogo a Trafoi un convegno internazionale durante il quale si erano esaminati i primi risultati della ricerca e si erano confrontati sull’argomento esperti provenienti da tutta Europa. Già allora l’’analisi che si era concentrata sulla consistenza numerica del grande predatore, all’interno dell’area protetta e nelle sue più immediate vicinanze, aveva messo in evidenza risultati molto incoraggianti: nei settori lombardo e trentino erano state censite 14 coppie territoriali, 8 delle quali in provincia di Sondrio, 3 nel territorio bresciano e 3 nel settore trentino, con una densità tra le più elevate dell’arco alpino. Una presenza, che si è rilevata ora ancora più consistente e che è un ottimo indicatore del corretto funzionamento della rete alimentare di un ecosistema, tenendo anche conto delle interazioni con le coppie di gipeto che convivono con l’aquila sullo stesso territorio.
Dopo l’aquila, gli uccelli di una certa dimensione, più caratteristici delle quote elevate sono la pernice bianca (1 - 2) (Lagopus mutus) (vedi Abstract: G.Scherini da Annuario Club Alpino Italiano 1995), il gallo cedrone(1)-(2) (Tetrao urogallus), il gallo forcello (Tetrao tetrix), e la coturnice (Alectoris graeca), specie queste ultime due presenti anche al livello montano. Nell’estate del 2007 è stato inaugurato appena sopra Rasura, in Val Gerola, il sentiero ornitologico Walter Corti, che partendo dal Bar Bianco si dirige verso la Baita Culino e la Cima Rosetta attraversando varie località caratteristiche per la presenza di particolari specie ornitologiche.
Maestoso nel volo e nel portamento il corvo imperiale (Corvus corax) è presente nel bormiese e nel morbegnese; altro corvide notevole, frequentatore delle alte vette e ben conosciuto dagli alpinisti, è il gracchio alpino (Phyrrhocorax graculus) dalle zampe rosse e dal becco giallo.
Tra i piccoli uccelli che è più facile incontrare al di sopra del limite dei grandi boschi, quindi sopra i 2000 m., citiamo innanzitutto il fringuello alpino (Montifringilla nivalis), il sordone (Prunella collaris), il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), il picchio muraiolo(Tichodroma muraria) avvistato anche nella zona del Bernina sopra i 3500 m. e il culbianco (Oenanthe oenanthe).
Lo stambecco (Capra ibex) (1- 2), oltre che al Parco Nazionale dello Stelvio e nel Livignese dove è stato sempre presente e in Val Malenco e Val Masino proveniente dalla vicina Svizzera, è stato reintrodotto ormai da vari anni anche sulle Orobie dove si è diffuso con grande rapidità sul crinale che dal Pizzo dei Tre Signori va fino alla Val Belviso. Ora, nell’ambito del “Piano di conservazione, diffusione e gestione dello stambecco sull’arco alpino italiano” elaborato dall’amministrazione provinciale di Sondrio, un gruppo di lavoro formato da esperti italiani e svizzeri ha predisposto un documento con le strategie future per una corretta fruizione faunistica venatoria di questo ungulato, inserendolo tra le specie oggetto di prelievo. Si spera che le condizioni rigorose e il rigido decalogo su cui si dovrebbe fondare il piano, di cui è coordinatore il professor Guido Tosi, si rivelino veramente tali e non diano invece il via libera a cacciatori e bracconieri come è avvenuto purtroppo per altre specie della tipica alpina. Come si sa lo stambecco è una specie protetta nel nostro paese, ma questo non basta a tenere lontana la lobbie dei cacciatori,che intende non solo educare i giovani con la doppietta (proposta di permettere la caccia ai sedicenni), ma è sempre pronta a trovare il sistema per allungare i periodi di caccia e ampliare il ventaglio delle prede. Allo stambecco si affianca un altro grosso mammifero, il cervo (Cervus elaphus), assai meno specializzato, che può vivere indistintamente sia nell’orizzonte montano che in quello alpino-nivale (si tenga presente che è sempre meglio evitare di avvicinare e toccare i piccoli bambi per evitare il rischio dell'abbandono da parte della madre che non riconosce più il proprio piccolo). I vari problemi che anche questo magnifico animale ha incontrato proprio là dove dovrebbe essere più protetto e controllato, cioè il Parco Nazionale, sono stati affrontati nel testo relativo all’ambiente montano.
Non dimentichiamo di ricordare l’elegante ermellino (Mustela erminea) (in abito invernale) e la lepre bianca (Lepus timidus mutabilis), caratteristici per la muta della pelliccia nei mesi invernali, in cui assumono una colorazione candida che permette loro di mimetizzarsi facilmente nella neve. Come citato sopra, si è concluso nel 2008, lo studio della popolazione della lepre bianca , iniziato nel 2004 nell’ambito di un’iniziativa del Parco dello Stelvio relativa anche all’ aquila, fatto in collegamento diretto con l'Università dell'Insubria, già impegnata sul tema in altre zone e che prevedeva inoltre un'azione mirata, con riferimento territoriale alla sola area di Cancano.
A proposito della lepre bianca o variabile, che, a causa delle sfavorevoli condizioni climatiche oltre che per la caccia spietata, sta rischiando l'estinzione, vogliamo ricordare che la Regione ha recentemente stanziato a favore della Provincia di Sondrio una certa cifra per avviare uno studio sulla dinamica e sulle abitudini di questo importante e bellissimo mammifero, vero e proprio relitto dell'era glaciale. Di conseguenza la Provincia ha incaricato della ricerca ancora il prof. Guido Tosi dell'Università dell’Insubria: si spera che i risultati di questo studio servano a proteggere la specie e non vengano utilizzati, come capita spesso, in modo errato, per realizzare ulteriori e esiziali piani di abbattimento sostenibili (basati spesso su sovrastime pilotate della popolazione gestite dagli stessi cacciatori). Importante abitatore degli alti pascoli, ma anche delle quote più elevate (è stato avvistato anche a più di 4000 m.) è poi un piccolo roditore, l’arvicola delle nevi (Microtus nivalis), che rivela la sua presenza per le numerose tracce che lascia sia sulla neve, ma anche sotto la neve, là dove viene alla luce in primavera il reticolo composto dalle numerose gallerie che questo piccolo infaticabile topolino ha scavato durante l’inverno tra la neve e il terreno (per indagine sui piccoli Mammiferi-arvicola,toporagno ecc. vedi Riassunto tesi di laurea Roberta Forenzi su Il Naturalista Valtellinese n.5 1994).
Tra i rettili ed esattamente tra i viperidi sono presenti la Vipera aspis e più raramente la Vipera berus mentre tra i colubridi non è raro vedere anche a quote attorno ai 2000 m., il colubro liscio (Coronella austriaca), un serpentello innocuo (anche se dotato di piccola sacca velenifera), che spesso viene scambiato per vipera e ucciso. E' stato di recente completato uno studio sulla consistenza delle specie di rettili e anfibi presenti in Valtellina e Valchiavenna, nell'ambito di un più vasto progetto di censimento a livello regionale e nazionale che prevede la stampa di un atlante con i dati ufficiali; impegnati in questa ricerca sono sia il Museo di Storia naturale di Morbegno, che l'Istituto di Scienze naturali di Milano, che ha concentrato gli studi soprattutto sul territorio della Valchiavenna.
Tra gli insetti più vistosi troviamo anche in questo caso le farfalle, come Parnassius apollo e Parnassius phoebus dai puntini rossi o gialli sulle ali. Numerose specie come: Mellicta e Melitaea athalia, Agrodiaetus iphigenia, Arctia caja, Melanargia galathea, Paphia immaculata, Zygaena filipendulae , Lycaenidae azzurreed Eebia sp., fanno corteggio e costituiscono un elemento pressocchè inscindibile del restante contesto del paesaggio (è stata inoltre segnalata, anche se sporadica, la presenza di due farfalle che solitamente vivono più in basso: il Podalirio (Iph.podalirius) e la Limenite del pioppo (Limenitis populi) (R.Maurizio, Presenza di Iph.podalirius ecc. ne Il Naturalista Valtellinese 4/93).
Anche a quote abbastanza elevate, attorno ai 1700 m. e oltre è possibile trovare, nascosti sotto qualche sasso del greto dei torrenti, nidi di vespe come il Polystes gallicus o piccole cavallette montane come l’ Attera alpina.
Nel corso del 2002 c'è stata la segnalazione di una nuova specie di insetto, rinvenuta alla quota di 1870 m nell'area di Livigno; si tratta di un eterottero o cimice selvatica, classificata per ora come Hallodapus n.sp. (che sta per nuova specie) e vive nei pascoli di montagna. La scoperta, fatta da un ricercatore spagnolo dell'Università di Cordoba, Miguel Baena, è stata comunicata al Museo civico di Storia naturale di Morbegno e la segnalazione dei primi esemplari che risale al 1979 è stata confermata solo di recente. Da segnalare infine i Carabidi endemici come i Trechus (Focarile, La zona di contatto fra Trechus ....ne Il Naturalista Valtellinese 3/92) e la Nebria (Mondin&Sciaky, La posizione sistematica di N.castanea ecc...ne Il Naturalista Valtellinese 5/94).

Introduzione
Flora e Fauna
Geologia e Mineralogia
Il fondovalle
L'orizzonte sub-montano
L'orizzonte montano


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