L'artista di Trento che amò la Valtellina
di Giovanna Borzaga
Quella del "vedere" è l'arte più difficile da apprendere perchè l'intima realtà delle cose solitamente sfugge all'osservatore superficiale. Livio Benetti, figura poliedrica d'artista, nato a Trento nel 1915 è scomparso a Sondrio il 10 gennaio 1987, dovette apprenderla ancora nei primi anni di vita nella "bottega" del padre Gustavo, noto cesellatore e sbalzatore del rame.
La sua creatività venne sollecitata inizialmente dalla possibilità di operare con la creta. In un'intervista ebbe infatti a dichiarare: "Mi trovo bene e a mio agio solo davanti a grandi masse di creta nelle quali è possibile modellare a piene mani senza il blocco della materia, nella quale scoprire forme nuove, strane, suggestive".
La scelta del suo "stile" venne influenzata da una presa di coscienza del "reale". Iniziati gli studi con lo scullore trentino Stefano Zuech li completò poi all'Accademia delle belle arti di Venezia e a Firenze. Qualche decennio prima Segantini aveva affermato che l'arte è una "forma-pensiero che indica l'evolversi spirituale dei popoli".
Convinto della validità di questo concetto Livio Benetti si dedicò, durante il lungo arco della propria vita artistica, ad approfondirlo sviluppando e perfezionando la propria ispirazione attraverso le raffinate acqueforti dal segno pulito, quasi calligrafico, la pittura ad olio e ad acquerello, l'affresco, il mosaico, la scultura.
Ancora studente iniziò un 'attività artistica intensa. Ottenuto il diploma per l'insegnamento del disegno, nel 1934 operò inizialmente a Trento presso la scuola magistrale. Nel 1934 vinse la cattedra di disegno e storia dell'arte presso l'Istituto magistrale di Sondrio dove poi insegnò per ben trentotto anni ricoprendo anche l'incarico di preside.
La Valtellina lo accolse con i luminosi cieli e le calde tonalità della terra. Da attento studioso dell'impressionismo e del divisionismo l'artista trentino s'immerse nella loro atmosfera. In seguito, ricordando quel periodo, ebbe a scrivere: "Prima facevo degli schizzi a carboncino, cercando di rendere l'aria, l'atmosfera con solo chiaro-scuro, poi mi sono arreso all'evidenza e ho fatto un compromesso col colore consistente in leggere velature di acquerello passate sul carboncino. Poi mi sono arreso. Il colore deve avere in sè qualcosa di magico perchè man mano che queste velature prendevano forza rni andavo persuadendo di non aver mai capito il colore e con strani entusiasrni, andavo scoprendo un giorno un giallo, un altro un rosa...".
Inseguendo il colore Livio Benetti catturò la luce. E' infatti tutta sua la particolare luminosità dei molti paesaggi e dei fiori fissati sulla tela. Stranamente dalla valle a lui tanto cara è sempre esclusa la presenza umana, testimoniata solo da case o palizzate qualche volta riflesse in acque chiare che sembrano svelare una loro diversa identità. Per l'artista trentino "l'uomo" fu un soggetto a sè stante, illuminato dalla propria interiorità, resa con le delicate tonalità della pietra come nei magnifici mosaici di Sondrio o con i riflessi delle sculture bronzee. E se tanta luce noi vogliamo intenderla come "spiritualità" la possiamo trovare, espressa con tecniche diverse quali il graffito, il ferro battuto, la pietra, in un armonioso equilibrio nel monumento Melazzini del cimitero di Sondrio.
All'osservatore, anche superficiale, dei bronzi di Livio Benetti, si evidenzia immediatamente il loro "movimento" quasi fosse una spinta vitale. Esemplare il monumento alla Resistenza eseguito a Sondrio nel 1968, dove una sola onda sembra sospingere avanti, nel tempo, uomini ed ideali.
Livio Benetti seppe esprimere pienamente la sua arte anche negli affreschi. Soggetti antichi rivissuti con tecnica e pensiero rnoderni. Bellissimo il S. Giorgio, relegato per secoli in una fiaba, fatto rivivere da Benetti su una parete di una banca di Grosio. Linee dal disegno lievemente geometrico trattengono i luminosi colori dell'eterno cavaliere del bene vincitore del male. Quale tema più attuale di questo, oggi che la terra sembra dover soccombere sotto l'urto disgregatore di una malintesa scientificità?
Livio Benetti ha saputo dar forma materiale ai timori e alle speranze che oggi più che mai travagliano l'umanità. Ma se la sua è una denuncia contiene anche la speranza e la fede di un 'Europa cristiana.


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